Adidas ha dato un taglio alla (collezione di sneaker della) Barba

Ops Barba

James Harden, fresco di un mega contratto che lo legherà ad Adidas per una vagonata di quattrini per il resto della vita (almeno cestisca), dovrà rivedere il suo look a fronte delle imposizioni previste dall’accordo con la casa tedesca.

Recentemente spottato a passeggio con addosso un paio di Jordan, la nostra Barba ha ricevuto il cartellino rosso da parte dei pezzi grossi di Adidas, i quali hanno specificato che nel contratto è previsto un vincolo anche per le scarpe da indossare al di fuori dal campo (cosa che invece nel NFL ad esempio non succede, essendo scarpe “tecniche).

Che dire?

Siamo convinti che Harden avrà centinaia di milioni (di dollari) di modi per consolarsi.

Resta il fatto che obiettivamente non poter indossare delle Jordan gli farà perdere posizioni in termini di SWAGness!

 

 

 

 

Preview: Charlotte Bobcats

La star: Al Jefferson

La novità: Al Jefferson

Il giovane: Cody Zeller

E anche quest’anno ci troviamo di fronte al dubbio su quante vittorie riusciranno a conquistare i Bobcats targati Jordan.
Sicuramente il roster è il più promettente degli ultimi anni se non altro per l’arrivo di una vera star (magari non superstar) come Al Jefferson, razza che di solito non ama le squadre minori. Attorno a Big Al ruota tutta la gioventù dei Bobcats capitanata dal convincente Kemba Walker (17,7 punti e 5,7 assist) con a seguire il 19enne Kidd-Gilchrist (chiamato a migliorarsi dopo un’annata da rookie al di sotto delle aspettative), il folkloristico Biyombo sotto le plance (con la speranza che si evolva in un simil-Mutombo in tempi brevi) e soprattutto il terzo fratello della stirpe Zeller, Cody, galvanizzato dal buon impatto nella Summer League (Ok, non è il massimo della competizione; però se viaggi sui 15+10 qualcosa vorrà dire).
Tra i “veterani”, alla veneranda età di 25 anni, c’è grande ottimismo attorno all’esplosivo Gerald Henderson (15,5 punti) per il ruolo di guardia visto che l’investimento su Ben Gordon non sta dando i frutti desiderati visti i soli 11 punti per gara a fronte di 13 milioni di dollari annui.

Previsione: 30 vittorie nella Eastern di quest’anno potrebbero valere molto di più rispetto ad altri anni… figuriamoci rispetto alle 21 del 2012/2013

Buon compleanno a… Sam Bowie

Oggi non parleremo (più di tanto) di statistiche e non parleremo di trofei.

Oggi parleremo di quella strana e agrodolce sensazione di sfortuna che accompagna alcuni sportivi milionari.

Come molti sapranno, nel 1984 con la seconda chiamata assoluta del Draft NBA, i Portland Trail Blazers ebbero l’occasione di cambiare la storia del basket moderno potendo scegliere Jordan… purtroppo (per loro) decisero di puntare su Sam Bowie, tanto abbagliante e multidimensionale 7-piedi di Kentucky quanto sfortunato per via di una frattura da stress che lo avrebbe perseguitato per tutta la carriera.

Pur disputando una stagione da rookie più che dignitosa (10 punti, 8,6 rimbalzi e 2,7 stoppate di media) ma comunque al di sotto delle aspettative derivanti dalle prodezze di Jordan, fin dai primi mesi cominciarono ad uscire le prime battutine sull’infelice scelta di Bowie da parte dei Blazers.

sam_bowie

E quando si dice che il destino è beffardo, questo è uno dei classici esempi di come ciò sia assolutamente vero. Va infatti ricordato che neanche a farlo apposta, tra il nostro festeggiato e Jordan, il primo ad infortunarsi gravemente fu proprio il numero 23 dei Bulls che dovette saltare gran parte della stagione da sophmore. E se da un lato MJ riuscì fortunatamente a riprendersi nel corso della stessa annata, per Bowie le cose precipitarono in modo vertiginoso per via di 3 diverse fratture ad entrambe le gambe nel corso di 4 anni che lo costrinsero a giocare la miseria di sole 73 partite in maglia Blazers dopo le 76 da rookie (anno 87-88 completamente saltato).

Quando sembrava essere sulla via della guarigione, pronto a ripagare Portland di tutta la pazienza concessagli, l’incredulo Bowie venne ceduto ai Nets in cambio di Buck Williams nella stagione 89-90. Nel New Jersey disputò il miglior basket della sua carriera collezionando cifre di tutto rispetto come dimostrano i 14,7 punti e 10,1 rimbalzi della sua prima stagione sulle rive del fiume Hudson.

Ceduto ai Lakers nel 93, a distanza di quasi 10 anni dal Draft, un giornalista tra le prime domande che gli fece, chiese (tanto per cambiare) come si sentisse ad essere stato scelto prima di Jordan… E per la serie “anche i ricchi piangono”, dopo avere visto il documentario di ESPN “Going Big” a lui dedicato, oggi ci sentiamo particolarmente vicini al “nostro” Sam e pertanto vi invitiamo a prenderne visione, anche perchè i filmati della serie “30 for 30” sono sempre un bel vedere.

Buon compleanno a… Charles Barkley

A poca distanza dal più grande di sempre, oggi celebriamo un altro compleanno altrettanto celebre, sua potenza “Sir” Charles Barkley.

barkley

Dopo aver frequentato il college ad Auburn, Barkley venne scelto nel magnifico draft del 1984 (Jordan, Olajuwon e Stockton per fare qualche esempio) con la chiamata numero 5 da parte dei Philadelphia 76ers.

Nel corso del tempo, prima per la cessione di Moses Malone nella stagione 86-87 e poi per il ritiro del Dr J, “Chuck” divenne l’uomo franchigia di Philadelphia e sebbene il suo rendimento individuale fosse sempre stellare, non si poteva dire altrettanto dei risultati di squadra.
Nella sua ultima stagione nella città dell’amore fraterno, decise di indossare la maglia numero 32 (accantonando il suo proverbiale 34) in onore di Magic al quale era appena stato diagnosticato l’HIV.

Nell’estate del 1992 Barkley venne ceduto ai Phoenix Suns con i quali fece subito registrare il miglior bilancio della Lega (62-20) in una stagione da MVP che li condusse fino alle Finals in cui dovettero inchinarsi solo ai Bulls del terzo titolo dell’era Jordan. Questa prima annata con i Suns fu anche di fatto il punto più alto della carriera del nostro festeggiato che dopo qualche altro anno in Arizona si trasferì in Texas, per la precisione a Houston, dove cone Olajuwon e Drexler sperava di poter fare un’ultima corsa verso un titolo che avrebbe ampiamente meritato.

Purtroppo per lui, la schiena che storicamente gli ha sempre dato problemi, gli concesse di giocare solo 152 gare in 4 stagioni (sulle 328 disponibili) nella sua permanenza ai Rockets, facendo così tramontare i sogni per il tanto sospirato anello.

Chiude la carriera con cifre straordinarie se si pensa che, pur giocando da 4, non ha mai raggiunto i 2 metri di alteza (6’6″) nonostante fosse sempre listato come 2,05m abbondanti (ah, le misurazioni americane… che bellezza, n.d.r.): 22,1 punti e 11,7(!!!) rimbalzi a partita con il 54%(!!!) al tiro.

Detto anche “The Round Mound of Rebound” dominava il campo e i tabelloni con la sua straordinaria combinazione di velocità e potenza che spesso sfociava in atteggiamenti che potremmo bonariamente definire “guasconi” nei confronti di arbitri e avversari: insomma non un vero role-model.

Può comunque vantare due ori olimpici (Dream Team del 92 e Atlanta 96) come parziale sostituti del titolo NBA mai arrivato.

Kidd-Gilchrist: Ho perso un 1vs1 con Jordan

Anche se sta per compiere 50 anni, Jordan si fa ancora dare del “lei” quando si tratta di basket giocato.

Come ha confessato il rookie Kidd-Gilchrist, c’è stata una sfida uno contro uno proprio contro il suo boss, visto che stiamo parlando della seconda scelta assoluta dei Bobcats dei quali MJ è il presidente.

Anche se non è dato sapere l’esatto punteggio, la sfida è stata vinta da Jordan.

Onore al rookie di Charlotte che molto onestamente ha dichiarato di essersi impegnato e di non averlo fatto vincere per ragioni di organigramma.

It was hard for me. I lost. I lost to a 50-year-old guy. … He’s the greatest man that ever played the game.

Rose, ritorno con precauzione

Interrogato sul suo ipotetico ritorno a seguito dell’infortunio al ginocchio, Rose ha dichiarato che è ancora “far away” e che non tornerà prima di essere al 110%.

Sebbene stia già sostenendo allenamenti in modalità “full-contact” e ci sia gente che vocifera di un suo ritorno a seguito dell’All Star Game, il numero 1 di Chicago ha specificato che rispetto al 110% asupeicato, si colloca “in the high 80s”.

La dirigenza di Chicago, memore dell’esperienza con Jordan che nell’annata da sophmore rientrò solo per uno scampolo di stagione (pur senza conseguenze), è determinata ad impedire a Rose un ritorno anticipato (stimati fra gli 8 e i 12 mesi per il recupero) in modo da evitare di incorrere nello stesso rischio incorso con sua Maestà 23.

Jamison: “Jordan potrebbe ancora segnare in doppia cifra”

Interessante dichiarazione di Jamison riguardo il più illustre dei suoi predecessori a North Carolina.

L’attuale ala dei Lakers è convintissima che Jordan potrebbe ancora dire la sua tra i pro se inserito nel giusto contesto magari con al fianco un Kobe (ovviamente) o un Lebron (toh), garantendo un buon contributo dalla panca.

Va ricordato che nel suo discorso per l’introduzione alla Hall of fame, MJ aveva scherzosamente detto che non ci saremmo dovuti stupire nel vederlo giocare a 50 anni…

Che fosse profetico?